Manifattura Lamborghini: ecco dove nasce Urus
Quando si apre la porta della Manifattura Lamborghini, casa del nuovo Super SUV Urus, sembra di entrare in un universo parallelo: uno stabilimento enorme, tutto bianco, con un soffitto altissimo dal quale pende uno scheletro, dove sono ancorate le strutture delle isole di lavoro.
La soluzione di avere poche le cose ancorate a terra garantisce molta flessibilità e permette di fare cambiamenti nelle fasi di produzione in modo molto veloce. Qualora servisse si potrebbe anche spostare tutto altrove. Gli addetti che si occupano delle auto non utilizzano schede cartacee (come invece accade nello stabilimento di Huracan e Aventador) ma tutto viaggia su cloud. Con un braccialetto che si tiene al polso si fa login al computer che si trova in ogni isola e col quale si scambiano le informazioni. Si chiama MES, Manufacturing Execution System, ed è il software che gestisce tutto quello che accade lungo la linea di produzione, una specie di Angelo Custode silenzioso, la cui presenza aleggia ovunque. Ma, proprio come l’abito non fa il monaco, anche qui non bisogna essere tratti in inganno dall’ambiente simile a quello di un’astronave spaziale: il processo produttivo è automatizzato in termini di preparazione, ma le auto sono assemblate interamente a mano e ci sono solo tre robot. Uno stende la colla sui vetri
che poi vengono montati dagli uomini, l’altro avvita il powertrain alla macchina e l’ultimo prende le ruote da un carrello e le porta ad altezza
uomo. Si parte dalla stazione “0”, dove arriva la scocca e si procede fino alla stazione n. 23, lungo un percorso dove si incrociano i carrellini AGV
(Automated Guided Vehicle), che trasportano materiali e si spostano grazie ad un sistema che utilizza GPS, WiFi e sensori sul pavimento. Sembrano quasi danzare al suono di una musica che li governa. A regime saranno prodotte almeno 20 auto al giorno, nel frattempo ne vengono realizzate 5 che, fino all’anno prossimo, non avranno contenuti “ad personam”. Sempre a regime entrerà in funzione anche il reparto verniciatura, attualmente in corso di preparazione: intanto le Urus vengono verniciate alla Carrozzeria Imperiale, uno dei fornitori storici di Lamborghini. Una volta terminata la fase di assemblaggio partono i controlli, sia sulla parte estetica che sui contenuti tecnologici: sono circa 130 le centraline di Urus e tutte vanno verificate. Si passa quindi al controllo del sottoscocca e, infine, del motore: l’auto entra in una specie di box di vetro che viene chiuso e isolato dal resto dello stabilimento. Qui si fa girare l’auto su barre in movimento, portandola fino a 140 km/h. Si conclude così un lungo processo in cui gli uomini vengono aiutati ma non sostituiti dai robot, che infatti vengono definiti collaborativi. Lamborghini mantiene così inalterato il suo DNA che fa dell’artigianalità un elemento distintivo.