I si e i no del primo E-prix di Roma
Un ronzio di sottofondo e tanta, tanta tecnologia per la prima gara di Formula E a Roma. No, non parliamo della “1”, forse non è ancora tempo per un GP capitolino, o forse non lo è già più; parliamo piuttosto della “E”, di quella competizione che guarda al futuro automobilistico a zero emissioni. L’E-prix dell’Eur sembra essere stato un successo, soprattutto in termini numerici: circa 30 mila gli spettatori, che hanno fatto il tutto esaurito già qualche giorno prima della gara. Chi ha fatto parte di questo pubblico? Tanti giovani, soprattutto giovanissimi, che sono la risposta più positiva alla manifestazione.
Il fanboost
La Formula E è giovane, dinamica e soprattutto in crescita: il motorsport che si evolve insieme ai Millennials, generazione di “connessi”. E l’ha voluto dimostrare, ad esempio, con la novità (impensabile per una qualsiasi altra gara di motori) del “fanboost”, ovvero un premio di 100 kilojoule di carica supplementare ai tre piloti che ricevono più voti su Twitter durante le gare: un’incognita che ha diviso gli spettatori tra chi l’ha trovata divertente e avvincente e chi, invece, l’ha definita decisiva per detestare la Formula E. Secondo alcuni infatti, il voto da casa avrebbe portato l’E-prix alla stregua di un qualsiasi altro talent show, in cui a decidere chi deve salire sul podio sono “i like e i tweet di qualche scemo da casa”. A pensarla così, è bene sottolinearlo, non sono stati soltanto gli integralisti della F1, ma alcuni appartenenti alla stessa categoria dei Millennials. Perché forse non c’è un’età per essere “puristi”.
Monica: Mi inserisco per fare una mia personale considerazione su questo argomento. Forse il Fanboost non è piaciuto a tutti e magari non è la soluzione giusta ma una cosa è certa: la Formula E ha azzeccato, fin dall’inizio, la modalità di comunicazione. Ha immediatamente “parlato” alle persone, non come la Formula 1 che si è sempre più allontanata, creando una voragine. Secondo me in questo vince a pieni voti.
Il circuito
La scelta di correre la gara su un circuito cittadino, però, è piaciuta a tanti, anche a chi in questa gara non ha ritrovato l’enfasi che si vive guardando la Formula 1: una scelta vincente perché ha contribuito, da una parte, a valorizzare i monumenti della capitale, e dall’altra è stato un modo per lo sport di avvicinarsi di più alle persone e interagire con loro.
Monica: Vorrei spendere una parola sul circuito. Ho avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con Emanuele Pirro, presente anche lui a Roma, al box Audi. Mi ha spiegato che il tracciato dell’Eur era molto selettivo ed era facile sbagliare ma è il posto migliore per garantire spettacolo e divertimento per tutti. I piloti l’hanno apprezzato molto e gli spettatori hanno tenuto il fiato sospeso a causa di incidenti, rotture e sorpassi. In Formula E non ci sono strategie che decidono la gara ai box, le auto sono difficili da guidare perché hanno poca aderenza, sono più goffe, pesano di più, hanno uno spazio di frenata più lungo e sono anche più resistenti agli urti. Tutti elementi questi che hanno alzato il livello dello spettacolo e hanno reso imprevedibile il risultato della gara, fino all’ultimo giro. Cose che in Formula 1 non si vedono praticamente più da un sacco. Perché nelle gare quello che conta non è solo la velocità di punta. Le auto di Formula 1 degli anni 80 erano molto più lente in curva rispetto a quelle di adesso, ma lo spettacolo era indubbiamente maggiore.
Il sound
Ma, dicevamo, per alcuni è mancata enfasi. Il rombo dei motori che si scaldano ai blocchi di partenza, l’odore di benzina, il motore “dal fiato più lungo” che batte quello più modesto… tutto scomparso a beneficio dell’ecosostenibilità. A guadagnarci probabilmente, non c’è solo l’ambiente, ma anche il pilota che torna a essere “atleta”: già, perché con l’elettrico il pit-stop non serve più per il cambio gomme – ma è necessario perché le batterie delle monoposto si scaricano in fretta, anche se dal prossimo anno non sarà necessario -, e la maggior parte del lavoro è nel “manico” del pilota.
La Formula E e le donne
La formula E è piaciuta anche alle donne, interessate magari più al risvolto ambientale della tecnologia che ne è alla base e affascinate proprio da questo, dal fatto che una gara automobilistica si giochi sul terreno dell’ecosostenibilità. La mia amica Chiara, ad esempio, mi ha confessato che non sarebbe mai andata a una gara di Formula 1, tuttavia è andata volentieri a quella di Formula E (e si è divertita parecchio).
Chi vince e chi perde
La conclusione, secondo me, è che Formula 1 e Formula E sono due cose diverse fra loro, quindi perché insistere a volerle comparare a tutti i costi? Non è semplicemente l’una l’evoluzione dell’altra, come l’elettrico sarà il futuro del motore a scoppio: sono due sport diversi, rivolti a un pubblico diverso, certamente non quello dei talebani del motore a scoppio. A loro, mi sento di suggerire una battuta fatta da un amico: “dire ‘eh, però quando corre la Formula 1 è tutt’altra cosa’, vale un po’ come affermare ‘eh, però le bighe, quando correvano le bighe era tutta un’altra storia”. Insomma, una resistenza al progresso che è fallimentare già in partenza.
Monica: Mai avrei pensato di dirlo però sono d’accordo con Stefania! Vedere dal vivo la gara di Formula E mi ha decisamente aperto gli occhi. Non si tratta di motorsport classico solo perché le auto non fanno rumore ma, per il resto, ci sono tutti gli ingredienti che possono catalizzare l’interesse di quelli che considerano adrenalina, rischio, velocità, competizione, come gli ingredienti principali di qualunque sport. Poi può piacere o meno, ma De gustibus non est disputandum, per rimanere in tema di bighe!