
Goodwood: the insane event!
Prendo in prestito un aggettivo usato da un collega giornalista inglese con cui ho chiacchierato a Goodwood per definire questo evento che altrimenti è difficilmente collocabile in una categoria. Si perché a chi mi ha chiesto: “cos’è Goodwood” non riesco a rispondere con una parola. Ci ho provato nell’altro articolo ma: non è un salone auto, non è una fiera, non è una gara automobilistica. Ma allora cos’è? E’ un evento “insane”, appunto.
Un evento che stimola i cinque sensi
Un evento in cui tutti i sensi sono sollecitati e al tempo stesso appagati. L’olfatto perché si respira la puzza/profumo – dipende dai punti di vista – dei freni, della benzina, delle gomme che fanno i burnout. Il tatto perché le auto si possono aprire e toccare e non solo guardare. L’udito perché c’è il fantastico suono dei motori. Il gusto perché si respira la polvere dei prati e della pista ma anche perché si possono assaggiare i prodotti biologici che vengono prodotti nella tenuta del Duca di Richmond. La vista, perché ci sono auto di tutti i tipi, che appartengono a tante epoche diverse, a tante categorie diverse di motorsport e ci sono davvero tutte, dalle storiche, alle ibride, alle elettriche a quelle a guida autonoma.
L’ “ingrediente” segreto di Goodwood
Non ero mai stata a Goodwood ed effettivamente ci sono cose che lo rendono un evento speciale. C’è questa famosa collina dove sfrecciano auto di ogni genere, e le ore passano a guardarle senza nemmeno rendersene conto. C’è il Michelin Supercar Paddock, dove ci sono supercar di ogni brand, forma e dimensione, da guardare toccare e scoprire. C’è il Performance Car Parking, dove si può passeggiare tra auto “performanti” che arrivano da ogni parte del mondo. C’è poi il “parcheggio” delle auto pronte a sfilare sulla collina. Ci sono i fuochi d’artificio che vengono sparati anche di giorno. Ci sono le Red Arrows, la pattuglia acrobatica inglese che volteggiano nei cieli sopra la tenuta disegnando persino cuori con la freccia! E poi ci sono loro, le persone di Goodwood. A partire dal Duca di Richmond, che gira sereno con il suo abito di lino beige, incurante dei 34° e del sole bollente. Ci sono uomini e donne con abiti da campagna inglese che si vedono nei film, famiglie che fanno il picnic sui prati. Ci sono i piloti, di tante generazioni diverse, ma tutti pronti a fare una chiacchierata, una foto, un autografo. Ed è quello che ho fatto io.
Il passato e il futuro si incontrano a Goodwood
Parcheggiate una accanto all’altra, pronte per salire sulla “collina” ci sono la Volkswagen I.D. R Pikes Peak e la Golf Bimotor del 1987 da 650 cv. Rappresentano il futuro e il passato di Volkswagen.
La prima, ha appena fatto registrare il nuovo record assoluto a Pikes Peak, quella gara storica e famosissima che vede le auto impegnate in un percorso di 20 km, lungo il quale affrontano ben 156 curve e passano dai 2.000 metri circa della partenza ai 4.300 dell’arrivo. Anche a Goodwood la I.D. R Pikes Peak ha infranto un altro record, ottentendo il tempo più veloce della categoria. L’altra è una Golf a due motori indipendenti, uno montato davanti e l’altro dietro, che pesa solo 1020 kg, con la quale Volkswagen ha provato a vincere a Pikes Peak nel 1987. Purtroppo non è riuscita arrivare alla fine perché ha avuto un problema poco prima dell’arrivo ma è sicuramente l’esempio di un motorsport d’altri tempi. E poi ci sono loro. I due piloti. Romain Dumas, un uomo che non ha certo bisogno di presentazioni, vincitore, tra l’altro di due 24 h di Le Mans e di molte altre competizioni importanti. Presente a Goodwood, racconta di quanto sia stata importante, per affrontare Pikes Peak, l’esperienza in LMP1, per gestire al meglio i freni dell’I.D. R. E ancora di quanto sia stato utile poter fare i test ad Alès, importante polo automobilistico francese ma anche sua città natale. Di quanto Pikes Peak sia difficile, anche per le condizioni climatiche: quando si guarda in alto dalla partenza si vede nebbia e nuvole e non sa cosa si troverà lungo quei 20 km, quindi come si scelgono le gomme? Avevano tre treni di gomme Michelin, preparate apposta per l’occasione e hanno usato le intermedie: sono andate bene! E poi l’ossigeno in auto per affrontare i 2.000 metri di dislivello. E ancora dell’armonia che si è respirava all’interno di tutto il team. Insomma, parlando con lui, la I.D. R prende vita lei stessa, ha un’anima e mi dimentico completamente del fatto che è silenziosa e mi sembra diventi un felino sinuoso. Per Dumas questa è una delle auto che gli è piaciuto di più guidare e spera che non finisca in un museo, anche se afferma con certezza che lui non parteciperà mai alla Formula E perché le elettriche vanno troppo piano, almeno quelle di adesso! C’è poi Jochi Kleint, l’uomo della Golf Bimotor, un pilota di rally degli anni ’70 che, oltre ad essere nato il mio stesso giorno, ma in un altro anno, racconta di un’altra epoca. Pikes Peak non era asfaltata, non esisteva l’ossigeno e Volkswagen aveva messo due motori perché la potenza non era mai abbastanza per portare le auto lungo un percorso così particolare. Due epoche, due mondi, un’unica storia: dare un’anima alle auto.
La passione è il 7° senso
La stessa cosa che percepisco parlando con Rhys Millen, pilota neozelandese che ormai vive in California da tanti anni. Partecipa alle competizioni americane e ha fatto Pikes Peak per ben 25 volte e nel 2012 aveva fatto segnare il record assoluto della competizione, con una Hyundai Genesis Coupé. Quest’anno ci ha riprovato con una Bentley Bentayga: 600 cv e 900 Nm di coppia per il motore W12. Ha segnato il record nella categoria dei SUV, con un tempo di 10:49,9, quasi due minuti in meno del record precedente che apparteneva alla Range Rover Sport. Sembra un bambino quando racconta del fatto che la Bentayga che ha usato lui è poco diversa rispetto a quella che si compra in negozio. Ha fatto cinque giorni di test in tutto: due in California e tre in montagna per prepararsi a Pikes Peak ma con la sua esperienza e un’auto del genere sono stati più che sufficienti. Lui che, tra le altre cose ha fatto lo stuntman in quattro Fast & Furious, in Indiana Jones e in altri film “vivaci”.
Anche per lui Goodwood è magica perché è un evento in cui si possono trovare auto di tutti i generi, che hanno fatto gare in ogni tipo di competizione e i fans presenti possono davvero fare un’esperienza unica. La stessa cosa che dice Harry Tincknell, pilota inglese del team Ford Chip Ganassi Racing in America che, nel 2014, vinse in LMP2 la sua gara di esordio alla 24 h di Le Mans. Intanto che chiacchiera con noi i ragazzini gli chiedono l’autografo sul poster della Ford GT. Lui ha 26 anni e Goodwood gli piace perché c’è un’aria rilassata, c’è tempo per chiacchierare e per godersi le auto, le persone…e anche la festa che ha dato il Duca di Richmond la sera precedente, alla quale lui ha ovviamente partecipato e si è divertito tantissimo!
Perché questa è Goodwood e il Duca di Richmond è stato un genio a realizzare un evento usando questa formula. Probabilmente i vecchi saloni auto chiuderanno tutti, ma posti come Goodwood rimarranno in eterno. Grazie Duca.