Mi chiamavano Omino Michelin… e io mi offendevo.
10.08.2018 - in

Mi chiamavano Omino Michelin… e io mi offendevo.

A saperlo prima, quando avevo circa 10 anni, cosa significasse per Michelin l’omino, forse mi sarei offesa un po’ meno. Oggi l’icona compie 120 anni di età. Premiata anche come miglior logo di tutti i tempi.

C’era un bambino a scuola che mi continuava a sfottere accompagnato dalla solita risatina dell’età. Visto in gita Bibendum, infatti, mi associava sempre a lui: ero una delle più alte della classe e sì, diciamo pure, un po’ sovrappeso con una carnagione pallida che non mi aiutava per niente. Per una signorina non poteva esserci nulla di peggio considerato anche che si trattava di un maschio!! Potevo salutare da lontano le principesse con i capelli lunghi, pronte a tirare giù la treccia, o le capo cheer leader della scuola. Bene che poteva andarmi, già vedevo il mio futuro alle scuole medie al primo banco, auspicando al massimo a quella che poteva passare il compito in classe. Coprendo ben bene gli altri che copiavano.

Fesserie, certo.

Ma questo era quello che percepivano i bambini di quel gigante a cerchi. Le sue forme. Che queste provenissero poi da un insieme di pneumatici… beh non era proprio evidente. O comunque a noi poco importava. L’idea al tempo venne ad Édouard Michelin che all’Esposizione Universale e Coloniale di Lione, vedendo una pila di gomme disposte artisticamente, pensò all’immagine di un omino, che si concretizzò nel 1898.

Fu l’artista Marius Rossillon – nome d’arte “O’Galop” – a renderlo protagonista di un manifesto dal titolo “Nunc est Bibendum” (“Adesso bisogna bere”): la pubblicità citava l’Ode di Orazio (I, 37) per dire che finalmente eraarrivatoMichelin a “bere” l’ostacolo.

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Dunque, tornando a me, già da parecchi anni quel personaggio aveva una grande personalità e si mostrava disponibile a risolvere i problemi degli altri. A saperlo, chissà, sarei potuta pure andarne fiera… risparmiando tante lacrime.

Negli anni successivi fu addirittura riconosciuto come miglior logo di tutti i tempi da una giuria di esperti del Financial Times. La fonte del suo successo fu proprio la capacità di aver saputo mutare “veste” con i tempi e la società. Un esempio? Prima Bibendum vestiva i panni dell’unica classe sociale che poteva permettersi le auto (con tanto di monocolo, sigaro, anello con sigillo, gemelli), poi con la diminuzione dei prezzi in concessionaria, abbandonò gli accessori, diventando per tutti il compagno di viaggio amichevole e ideale. Infine assunse un design high-tech in 3D, pronto ancora ad una nuova era.

Io dopo che ho capito davvero cosa si nasconde in quelle forme, oggi metto in rete questo pezzo per cercare di ritrovare quel bambino…

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