Il Maggiolino, lo scarafaggio diventato leggenda
02.08.2019 - in

Il Maggiolino, lo scarafaggio diventato leggenda

Pensare che esista un fil rouge che lega il padre delle supersportive tedesche, il disumano terzo Reich e il creatore di Topolino e Biancaneve, sembra quasi impossibile. Eppure, quel fil rouge c’è e si chiama Typ 1, meglio conosciuto (specialmente in Europa) come Maggiolino.

Ferdinand Porsche, Adolf Hitler, Walt Disney: tre nomi che affiancati l’uno all’altro fanno strabuzzare gli occhi, il secondo soprattutto inorridisce. Ma tutti hanno fatto parte della storia di questa vettura che, con oltre ottant’anni di onorata carriera, è diventata leggenda nel mondo automobilistico.

L’auto del popolo finanziata dal popolo

Il brillante padre della 911 e il criminale più folle ed efferato che la storia moderna abbia mai conosciuto avevano avuto la stessa idea: dare la possibilità a tutto il popolo tedesco di avere un’auto. Un’auto del popolo, per l’appunto una Volks-wagen. Doveva avere prezzo e consumi contenuti e la capacità di trasporto giusta per una famiglia tipo dell’epoca. È su queste basi che nel 1938 nacque il prototipo di quella che sarebbe diventata, da lì a qualche anno, la Volkswagen per antonomasia in quanto unico esemplare ad essere prodotto dalla Casa – per gli addetti ai lavori, solo Typ 1.

Il Maggiolino fu, da una parte, la rappresentazione del progresso ingegneristico automobilistico al servizio della società, covato sin dal 1929; dall’altra la realizzazione di una inarrestabile politica propagandistica al servizio di un regime spietato. Tanto che il primo vero nome con cui questa auto venne battezzata, per volere di Hitler e che trovò subito contrario l’ingegner Porsche, fu “Auto della Forza attraverso la Gioia”, direttamente ripreso dal nome dell’istituto del dopolavoro tedesco “Kraft durch Freude” che di fatto ne finanziò l’avvio della produzione.

Volkswagen Classic, Booklet Mission Maximum; Story: Eine Passion fürs Leben; Dammannworks, Sammlung Grundmann, Hessisch Oldendorf, 27.02.2019;

Iniziò così la primissima fabbricazione del modello con motore boxer a quattro cilindri contrapposti raffreddato ad aria, fortemente ispirato a un altro prototipo, quello della casa cecoslovacca Tatra, che successivamente e in sede di giudizio fece valere la sua parte di paternità del Maggiolino.

Ma il capitale offerto dalla KdF non bastava a coprire tutte le spese, ed ecco che il Maggiolino divenne l’auto del popolo a tutti gli effetti. Furono infatti gli stessi operai, addetti alla produzione, a dover finanziare l’operazione: ogni settimana questi mettevano da parte una quota del proprio stipendio che veniva poi reinvestita nella produzione e che avrebbe concesso loro di ottenere, in seguito, il veicolo di diritto. Sforzi enormi che consentirono di fatto la nascita della sede originaria di Volkswagen a Wolfsburg.

Il modello debuttò ufficialmente nel 1939 al Salone di Berlino, caratterizzato esteticamente da una carrozzeria “bombata” con il lunotto posteriore diviso in due e un motore con una potenza di 22,5 CV.

Tutti gli sforzi compiuti, tutta la grandiosità dell’operazione, rischiarono di essere bruciati completamente dallo scoppio della seconda guerra mondiale, proprio all’indomani della presentazione ufficiale del Maggiolino. Chiaramente la Casa di Wolfsburg venne convertita in fabbrica bellica e la stessa base del piccolo “scarafaggio” venne usata per costruire mezzi leggeri da impiegare sui fronti di guerra.

Story: The Snow Kings

La prima produzione in serie e lo sbarco nel Nuovo Continente

Finito il conflitto, lo stabilimento andò quasi del tutto distrutto a causa dei bombardamenti. Ivan Hirst, ufficiale dell’esercito britannico, ma anche ingegnere e meccanico, decise di risollevarne le sorti, mettendolo al servizio della produzione bellica inglese. Nel 1945 e con ancora la direzione delle autorità militari inglesi venne quindi avviata la prima produzione in serie del Maggiolino berlina, che in appena un anno arrivò a contare 10.000 unità; fu però con il passaggio alla direzione tedesca di Heinz Nordoff che lo stabilimento raggiunse il giusto regime produttivo registrando, nel 1949, già 50 mila esemplari, grazie pure all’introduzione del nuovo modello Typ 1/113 conosciuto come Export-Modell: il Maggiolino per i ceti abbienti, il salto di qualità. Sempre nel ’49 il Maggiolino per la prima volta attraversò l’oceano e sbarcò a New York per l’esposizione industriale: l’Auto del popolo, il Maggiolino, divenne per la prima volta un “Beetle”, uno scarafaggio. Gli anni d’oro, tanto che il milionesimo Maggiolino uscì dallo stabilimento nel 1955, in color oro metallico, gomma bianca intorno ai cristalli e velluto e broccato rosso negli interni. Per arrivare al milione furono però necessarie, negli anni, variazioni sia da un punto di vista stilistico – si pensi per esempio all’arrivo del lunotto posteriore ovale che scalza definitivamente i “due vetrini” – ma anche sul piano industriale: furono, infatti, anni di espansione per la Casa, che dal 1953 ruppe gli argini e inaugurò lo stabilimento di San Paolo in Brasile.

7th International Volkswagen Veteran Meeting in Hessisch Oldendo

Il mito

Nel pieno degli anni Settanta e nel vivo dei cambiamenti motoristici per il Maggiolino, subentrò l’era del Maggiolone, il nuovo modello che pure avrà la sua versione decappottabile e berlina: il 1302 si differenziava per la struttura dell’avantreno, caratterizzato dallo schema più all’avanguardia per quegli anni del MacPherson.

La consacrazione a mito avvenne però già nel 1968, con il film disneyano “Un maggiolino tutto matto” e con la saga che ne nacque e proseguì fino agli anni Duemila con l’ultimo episodio “Herbie – Il supermaggiolino”: nei film con cui Walt Disney lo rese più celebre di quanto già non lo fosse, il Maggiolino prende vita, è umanizzato, e ha doti eccezionali.

Il suo successo continuò a crescere, a tal punto da entrare a pieno titolo tra le icone del movimento Hippie che caratterizzò il decennio Settanta, così come il T1, il “furgoncino” Transporter, sempre di Volkswagen: gli anni della contestazione e dei fiori nei cannoni, della trasgressione ma soprattutto della sessualità che finalmente comincia a spogliarsi dei tabù. Il Maggiolino, con le sue forme bizzarre e che imitano solo se stesse, divenne emblema di una nuova generazione che rifiutava il conservatorismo e iniziava una lotta per il cambiamento della società.

7th International Volkswagen Veteran Meeting in Hessisch Oldendo

Nel 1974 “Herbie” uscì per l’ultima volta dallo stabilimento di Wolfsburg, la sua produzione – e anche il suo successo – si spostò definitivamente oltreoceano, tra Messico e Brasile, mentre in Europa iniziava l’era della Golf di Giorgetto Giugiaro, destinata a monopolizzare il mercato delle utilitarie tedesche (che era stato del Maggiolino) fino ai nostri giorni.

Klaus Gmelin, Head of Quality Volkswagen de México, Reinhardt Jung, Chairman of the Volkswagen de México Board of Management, José Luis Rodríguez Salazar, Trade Union Leader, Francisco Bada Sanz, Member of the Board Volkswagen de México, and Ruediger Meinicke, Plant manager Volkswagen de México

Klaus Gmelin, Head of Quality Volkswagen de México, Reinhardt Jung, Chairman of the Volkswagen de México Board of Management, José Luis Rodríguez Salazar, Trade Union Leader, Francisco Bada Sanz, Member of the Board Volkswagen de México, and Ruediger Meinicke, Plant manager Volkswagen de México

Il Maggiolino nel nuovo millennio

Il mito dello Scarafaggio, del Maggiolino, e soprattutto di Herbie, non poteva finire così “presto”: ecco che infatti, già nel 1994, venne presentato al Salone di Ginevra Concept One, il seme di nuova vita per la Typ 1 di Volkswagen. L’auto di serie che ne derivò nel 1998, la New Beetle, forse la rese altrettanto iconica della versione originale, ma restando sempre fedelissima a se stessa – perlomeno nell’aspetto, mentre la base tecnica era quella della Golf a motore e trazione anteriori. La serie successiva arrivò nel 2011, chiamata semplicemente “Beetle”: le linee avevano perso la loro morbidezza però, la meccanica non soddisfava più i gusti europei così come la sua vivibilità intesa come spazi interni.

Exterieur: Standard

Exterieur: Standard

Insomma, il tramonto era quasi annunciato, il Maggiolino era stanco ma deciso a tenere ancora salda la sua presenza nelle linee di montaggio; finché il 10 luglio 2019 l’ultimo stabilimento che ne assicurava ancora la produzione, quello di Puebla in Messico, lo manda ufficialmente in pensione.

Ma magari quell’auto del popolo così fortemente voluta è solo un’araba fenice che – come dimostrato già in altri momenti storici – è pronta a raccogliere da sé le sue ceneri e rinascere, ancora una volta.